La Topolino, rigorosamente con articolo femminile e nome maschile, è da tutti considerata la capostipite assoluta delle utilitarie italiane. Un segmento, da noi, ancora molto in voga tra gli automobilisti, che a gennaio 2021 (ultimo dato a disposizione da Unrae) raccoglie una quota di mercato del 39%. Tutto parte da Lei e dall’esigenza di un’autovettura piccola e soprattutto economica, nata in una fase storica molto particolare, quella tra le due guerre mondiali.
Innanzitutto la dicitura ufficiale non includeva Topolino, ma l’auto si chiamava Fiat 500. Ma sul nome torneremo. L’input partì da Mussolini che chiese a Fiat un modello alla portata di tutti. Dopo qualche tentennamento e anche qualche clamoroso insuccesso, fu il giovane ingegnere Dante Giacosa a ricevere l’incarico per la progettazione di quella che diventò la Fiat 500 Topolino. Lo portò a termine con successo ottemperando alle richieste a livello di costi e di misure ridotte. Il radiatore stava sopra il motore per risparmiare la pompa dell’acqua e non c’era quella di alimentazione.
Il collaudo avvenne nel 1934, ma la data da segnarsi è il 15 giugno 1936, giorno in cui Fiat lanciò sul mercato il modello 500 A con motore a quattro cilindri (inizialmente doveva essere a due) di cm³ 569 e una potenza massima di 12 CV. Sforò notevolmente per quanto riguarda il prezzo al pubblico ma era obiettivamente impossibile stare sotto le 5mila lire come richiesto da Mussolini. Ne servivano invece 8.900, venti volte lo stipendio medio di un operaio. Ebbe comunque un buon successo: l’Italia dal punto di vista automobilistico era molto indietro rispetto ai Paesi europei vicini e le famiglie fecero volentieri qualche sacrificio per acquistare la loro quattroruote. Ma non fu questa l’unica ragione della sua diffusione.
Il lancio di questa utilitaria ebbe un notevole impatto sul popolo. Così forte che fu proprio il popolo ad affibbiarle il nome di Topolino. Forse siamo di fronte al primo e unico caso di sovranità popolare per quanto riguarda un’autovettura. Fiat non centra nulla, nessun riferimento al mitico personaggio di Walt Disney creato nel 1928, tanto che nei listini ufficiali non comparirà mai il nomignolo oggi così famoso. Accadde semplicemente che le sue dimensioni minuscole fecero sì che fosse paragonata al piccolo roditore. Altra somiglianza? I fanali neri tondi simili alle inconfondibili orecchie di Micky Mouse.
La fusione FCA con PSA che ha dato origine a Stellantis è solo l’ultimo episodio, sicuramente il più importante, di una stretta collaborazione tra Italia e Francia a livello automobilistico, L’origine risale all’inizio del secolo scorso quando Fiat, Peugeot e Citroën erano di fatto appena nate. E di mezzo c’è proprio la Topolino. Partiamo dal 1929 con la nascita in Francia di Safaf (Société Anonyme Francaise des Automobiles Fiat) sotto l’egida torinese che tre anni dopo avviò la produzione della Balilla e della Ardita. Nel 1936, per allargare il giro d’affari, da una costola di Safaf nacque Simca che diede il via alla produzione della Simca 6 la versione francese della Topolino. Verranno prodotte anche le varianti inglesi e tedesche di un’auto a vocazione già europea.
Quante Topolino ci sono state? Quella che fu lanciata nel 1936 era il modello 500 A già oggetto di modifiche un paio di anni dopo con l’allungamento del telaio a tutta la carrozzeria tramite balestra (qui il nome di Topolino “balestra lunga”). Nel 1948 nacque la 500 B che rappresentò una notevole evoluzione sul piano meccanico: nuova testata, nuova alimentazione con un carburatore verticale, il volante a due razze e l’indicatore del livello di benzina. Più silenziosa e dotata di illuminazione interna. Terzo step, anno 1957. Qui iniziò un’altra storia che arriva fino ai giorni nostri, quella della Fiat Nuova 500, chiamata così per differenziarla dalla Topolino…